Pagina:Guicciardini, Francesco – Storia d'Italia, Vol. V, 1929 – BEIC 1848561.djvu/139

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libro decimottavo- cap. vii 133

dagli altri, se gli fece incontro per essere il primo a parlargli: della quale cosa, benché paresse di niuno momento, ebbe origine principale il liberarsi quel dí la cittá di Firenze da cosí evidente pericolo. Era Federigo nel principio del tumulto andato in palagio, sperando di quietare, con l’autoritá sua e con la grazia che aveva appresso a molti della gioventú, questo tumulto; ma non facendo frutto, anzi essendogli dette da alcuni parole ingiuriose, non aveva avuto piccola difficoltá a ottenere, dopo spazio di piú ore, che lo lasciassino partire. Però uscito del palagio pieno di sdegno, e sapendo quanto, per le piccole forze e piccolo ordine che vi era, fusse facile di espugnarlo, veniva per incitare gli altri a combatterlo subitamente. Ma il luogotenente, dimostrandogli con brevissime parole quanto sarebbono molesti al pontefice tutti i disordini che succedessino, e di quanto detrimento alle cose comuni de’ confederati, e quanto fusse meglio l’attendere piú tosto a quietare che ad accendere gli animi, e perciò essere pernicioso il dimostrare al duca di Urbino e agli altri tanta facilitá di espugnare il palagio, lo tirò senza difficoltá talmente nella sentenza sua che Federico, parlando agli altri come precisamente volle il luogotenente, propose la cosa in modo e dette tale speranza di posare le cose senza armi che, eletta questa per migliore via, pregorono l’uno e l’altro di loro che andando insieme in palazzo, attendessino a quietare il tumulto, assicurando ciascuno da quello che potessino essere imputati di avere macchinato, il dí, contro allo stato: dove andati, col salvocondotto di quegli che erano dentro, non senza molta difficoltá, gli indusseno ad abbandonare il palagio il quale erano inabili a difendere. Cosí, posato il tumulto, tornorono le cose allo essere di prima. E nondimeno (come è piú presente la ingratitudine e la calunnia che la rimunerazione e la laude alle buone opere) se bene allora ne fusse il luogotenente celebrato con somme laudi da tutti, nondimeno e il cardinale di Cortona si lamentò, poco poi, che egli, amando piú la salute de’ cittadini che la grandezza de’ Medici, procedendo artificiosamente, fusse stato cagione che in quel dí