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libro decimonono - cap. iv 229

menzione di questo stratagemma, dicono che i franzesi vi andorono la notte seguente, e non la pigliorono. A’ ventitré il campo, quasi senza gente e senza governo, si sostentava solo dalla speranza della venuta di Renzo, che ancora era all’Aquila; non desiderato piú per pigliare Napoli né per speranza di potere resistere in quello alloggiamento, ma solo per potersi levare sicuramente. Era morto Valdemonte, e il marchese di Saluzzo, conte Guido, conte Ugo e Pietro Navarra ammalati. E Maramaus uscí fuora con quattrocento fanti per privargli in tutto delle vettovaglie, e trovato Capua quasi abbandonata vi entrò dentro: per il che i franzesi, abbandonato Pozzuolo, messeno la guardia che vi era in Aversa, molto importante al campo. Ma perduta Capua e Nola restavano serrate quasi tutte le vettovaglie, in modo che, non potendo piú sostenersi, per ultimo partito si levorono una notte per ritirarsi in Aversa; ma presentita dagl’imperiali, che stavano intenti a questo caso, la levata loro, gli ruppeno nel cammino: dove fu preso Pietro Navarra e il principe di Navarra e molti altri capi e uomini di ogni condizione; e il marchese di Saluzzo si ritirò con una parte in Aversa. Dove avendolo seguitato gl’imperiali, non potendo difendersi, mandato fuori il conte Guido Rangone a parlare col principe di Oranges, capitolò per mezzo suo con lui: di lasciare Aversa con la fortezza, artiglierie e munizioni; restasse lui e gli altri capitani prigioni, dal conte Guido in fuora, al quale, in premio della concordia o per altra causa, fu consentita la libertá; facesse il marchese ogni opera che i franzesi e i viniziani restituissino tutto il regno; i soldati e quegli che per lo accordo restavano liberi lasciassino le bandiere l’armi i cavalli e le robe, concedendo però a quegli di piú qualitá ronzini muli e cortialti; i soldati italiani non servissino per sei mesi contro a Cesare. Cosí restò tutta la gente rotta, e tutti i capitani o morti o presi nella fuga, o nello accordo restati prigioni. Aversa fu saccheggiata dallo esercito imperiale, che si ritirò poi a Napoli, dimandando otto paghe; Renzo che il dí seguente si era appressato a Capua, il principe di Melfi, lo abate di Farfa, inteso il caso, se ne