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Feciono poi nuova batteria, e detteno uno assalto gagliardo co’ fanti italiani e spagnuoli ma con danno maggiore che negli assalti di prima; in modo che il campo si levò. E il medesimo dí, un’ora innanzi giorno, uscirono Stefano Colonna dalla porta a Faenza con una incamiciata di tremila fanti, e Malatesta dalla porticciuola al Prato, per assaltare i tedeschi che alloggiavano nel monasterio di San Donato, nel quale si erano fortificati. Passò Stefano le trincee e ne ammazzò molti, ma gli altri messisi in questo mezzo in battaglia si difeseno francamente; e Stefano ferito in bocca e nel membro virile, ma leggiermente, si ritirò, non potendo tardare molto per paura del soccorso, e lamentandosi gravemente di Malatesta che non l’avesse seguitato.

Cresceva continuamente in Firenze, dove non entrava piú vettovaglia da parte alcuna, la strettezza del vivere; e nondimeno non diminuiva la ostinazione. Ed essendo andato da Volterra a Pisa il Ferruccio e raccogliendo quanti piú fanti poteva, era ridotta tutta la speranza loro nella venuta sua: perché gli avevano commesso che, per qualunque via e con ogni pericolo, si mettesse a venire; disegnando, come fusse unito con le genti che erano in Firenze, di andare a combattere con gli inimici. Nel quale disegno non fu maggiore la felicitá del successo che fusse grande la temeritá della deliberazione, se temerari si possono chiamare i consigli spinti dall’ultima necessitá. Perché avendo a passare per paesi inimici, e occupati da esercito molto grosso benché disperso in molti luoghi, il principe, levata una parte dello esercito e raccolte piú bande di fanti italiani, avuta (come i fiorentini sospettorono) fede occultamente da Malatesta Baglione, col quale aveva pratiche strettissime, che in assenza sua non assalterebbe l’esercito, andò a incontrarlo; e trovatolo presso a Cavinana, nella montagna di Pistoia (il quale cammino aveva preso passando da Pisa accanto a Lucca, per la confidenza della fazione Cancelliera affezionata al governo popolare), si attaccò con lui molto superiore di forze: dove, nel primo impeto, facendo il principe offizio di uomo d’arme non di capi-