Pagina:Guicciardini, Francesco – Storie fiorentine dal 1378 al 1509, 1931 – BEIC 1849436.djvu/314

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era di contraria opinione, e vedendo che nelle pratiche strette non era ordine a condurla, la messe negli ottanta con una pratica larga, dove da principio si rintessono al parere de’ piú savi; il che non satisfaccendo al gonfaloniere, non cessò mai di riproporla e sollecitarla, in modo che a ultimo si fece deliberazione che si dessi. Aiutoronlo assai a tirare questa pratica le lettere di Niccolò di Piero Capponi, el quale essendo commessario generale a Cascina, successore di Alessandro Nasi, scriveva caldamente che se questo guasto si dava, le cose di Pisa si conducevano in tanta estremitá, che o e’ contadini farebbono tumulto in Pisa, non volendo aspettare di perdere le loro ricolte, o se pure aspettassino, la fame in ultimo gli sforzerebbe a cedere. El gonfaloniere ancora disse agli ottanta, avere in Pisa tale pratica che, come le gente nostre vi si accostassino, era da sperarne assai. Cosi si dette el guasto, e molto largamente, perché e’ pisani erano si deboli di gente che e’ non potettono impedirlo in alcuno modo, e nondimeno la loro ostinazione era tanta, che non feciono movimento alcuno. E quella pratica tenuta dal gonfaloniere riusci vana, che la teneva un sensaluzzo chiamato Marco del Pecchia con messer Francesco del Fante cittadino pisano, perfido inimico nostro, e per uccellare. E cosi sempre e’ savi riputorono sciocchezza el prestarvi fede, benché el gonfaloniere, troppo semplice e credolo in queste cose, vi facessi su fondamento grande.

Poco poi che e’ fu dato e! guasto, el re di Francia mandò a Firenze uno imbasciadore chiamato messer Michele de’ Ricci napoletano, uomo d’assai negli stati; e benché si dubitassi che la imbasciata avessi a essere spiacevole, perché el re si teneva poco contento di noi, nondimeno riusci piú dolce, richiedendo, benché agevolmente, che non si molestassino e’ pisani; il che in fatto non era la intenzione del re, ma voleva tirarci per questo mezzo a promettergli danari, in caso che lui non ci impedissi la recuperazione di Pisa. Furono deputati a udirlo e praticare seco, due de’ dieci, messer Giovan Vettorio Soderini ed Alamanno Salviati, e quattro altri citta-