Pagina:Guidiccioni, Giovanni – Rime, 1912 – BEIC 1850335.djvu/10

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II

Nella calata di Giorgio Frundsberg.
(1526)

Ecco che move orribilmente il piede
e scende, quasi un rapido torrente,
dagli alti monti nova ingorda gente
per far di noi piú dolorose prede;

per acquistar col nostro sangue fede
a lo sfrenato lor furor ardente,
ecco eh’Italia, misera, dolente,
l’ultime notti a mezzo giorno vede.

Che deve or Mario dir, che fe’ di queste
fère rabbiose giá si duro scempio,
e gli altri vincitor di genti strane,
se questa alta reina in voci meste
odon rinovellar il dolor empio
e ’nvan pregar chi le sue piaghe sane?

III


L’Italia contro gli stranieri.

(1527)

Dunque, Buonviso mio, del nostro seme
debbe i frutti raccór barbara mano,
e da le piante coltivate invano
i cari pomi via portarne insieme?

Questa madre d’imperi ognora geme,
scolorato il reai sembiante umano,
si larghi danni e ’l suo valor sovrano,
la libertade e la perduta speme;

e dice: — O re del ciel, se mai t’accese
giust’ ira a raffrenar terreno orgoglio,
or tutte irato le saette spendi;

vendica i miei gran danni e le tue offese,
o, quanto è ingiusto il mal, grave il cordoglio,
tanto del primo mio vigor mi rendi.