Pagina:Guidiccioni, Giovanni – Rime, 1912 – BEIC 1850335.djvu/141

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Ond’io, com’uom che non aspetta altronde
piú saldo aiuto o piú fedel consiglio
che da voi sol, cui grazia il cielo infonde
(ché non soggiace a l’amoroso artiglio
il vostro saggio petto, anzi confonde
gli statuti di Venere e del figlio),
a voi mi volgo e nel mio dir conchiudo
ch’armiate il petto mio del vostro scudo.
8
Scudo vostro saranno i saggi detti
d’alto saper vestiti e chiare prove
e la grave eloquenza che dai petti
ogni ostinato cuor volge e rimove,
da levare a Giunon tutt’ i sospetti
e porre in odio il suo troiano a Giove
e far che Vener sia da Marte sciolta
e ch’Amor fugga Psiche un’altra volta.
9
Or se maggior pensier seco vi tira,
deh, vogliate per me porlo in disparte
e, con quel gran favor che ’l ciel vi spira,
di rime ornar le desiate carte;

Febo vi porge a mezzo de la lira
e dal vostro Ulpian tutto diparte;
né mi mancate, eh’ in servizio vostro
il sangue spenderò non che l’inchiostro.