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il non guardar gentil né buon né bello,
ma stare intenta sempre in tutti i lochi
72 per veder di tirar sino a un fringuello;
il mescolar velen nei vostri giuochi,
Tesser la vostra una bellezza tale
75 che, da voi stessa in poi, astio fa a pochi ;
Tesser insomma voi, signora, quale
forse simil non è nei tempi nostri,
78 un unguento da cancar naturale,
ed altri simil vizi e simil mostri
mi faranno da voi pigliar licenza,
81 per non m’impacciar piú coi fatti vostri.
E molti altri faran meco partenza,
chi servo vostro dopo me, chi prima,
84 da questa vostra singoiar presenza;
perché ciascun, com’ io, giudica e stima
esser, come un proverbio antico dice,
87 meglio cader dal piè che da la cima.
Io fui pure un castrone, un infelice
a creder che potesse nascer mai
90 buon frutto d’una pessima radice.
Or su, come si sia, basta ch’entrai
nel vostro laberinto in la mal’ora,
93 onde s’incominciar tutti i miei guai ;
facil v’entrai, ma facilmente ancóra,
per vostra grazia e per favor del cielo,
96 ho trovata la via d’uscirne fuora.
Vedete se con causa io mi querelo
di voi, che, a dirlo apertamente e forte,
99 quando vi veggio, mi s’arriccia il pelo:
e di qui è che prego la mia sorte
che mi conceda questa grazia sola
102 che mi faccia incontrar prima la morte.
Faccisi innanzi e dica una parola
un che coi versi suoi tanto vi loda,
105 ché vo* dir ch’ei si mente per la gola.
Soglion conoscer gli asini la coda
quando non T hanno; e per dir vero ’l dico,
108 non che ’l duolo o ’l martel mi scaldi o roda.