Pagina:Guidiccioni, Giovanni – Rime, 1912 – BEIC 1850335.djvu/176

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LXXX

Sciolto dopo cinque anni di prigionia.

Oggi, per me sempre rio giorno amaro,
volge ’l quinto anno che fra gigli e rose
su la riva del Tebro Amor nascose
quei lacci che ’l mio cor tosto legaro.

Non potea il ciel mostrar segno piú chiaro
de l’oscura prigione ove mi pose,
che quel di Cinzia al suo fratei s’oppose,
onde i raggi piú bei si scoloraro.

Da indi in qua, fra tenebre e martiri,
fra speranza e timor, fra caldo e gelo,
d’irato Amor provai tutte le pene:

ma, come a Pietro, al suon de’ miei sospiri
angel venne dal ciel sotto uman velo,
che ruppe ’l career tetro e le catene.

LXXXI


Al cavalier Ascanio Scotti.

Il suo disgraziato amore per Alessi.

Corre ’l sesto anno, s’al contar non fallo,
Scotto, che a far piú chiaro il vostro nome,

3 dal re chiamato, andaste in Portogallo:

e fra me stesso ripensando come
si lungo tempo in lacrimare ho speso,

6 io mi sento arricciar tutte le chiome.

Quel di che vi partiste, il sol conteso
ne fu da la sorella, e quel di fue
9 da piú bel lume il mio intelletto offeso:

patirò eclisse in un giorno ambidue,
ma Febo un’ora e l’intelletto mio
12 ben cinque anni smarrí le forze sue.

Dunque, se tardi scrivo, è sol perch’io
in cosi cieco e tenebroso stato,
15 gli amici posi e me stesso in oblio: