Pagina:Guidiccioni, Giovanni – Rime, 1912 – BEIC 1850335.djvu/214

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tosto vedrem col suo giá sparso gregge
e di nuovo inchinarsi al divin Tebro
l’Indo, l’Eufrate, il Nil, la Tana e l’Ebro.—

50 Qual mi fec’io, quando primier m’accòrsi

d’un carro che tiravan su per Tonde
frenati pesci e Tuna e l’altra sponda
facean frondoso ed onorato seggio
a quei gran corpi che, distesi ’l fianco,

55 appoggiavan su Turne e ’l miglior braccio

sostenea de la copia il ricco corno!

Questi, col volto rugiadoso e ’l crine
di salci ornato e di palustri canne,
con la destra porgean diversi doni
60 al venerando Tebro che, di lauro

cinto le chiome e con lo scettro in mano,
nel suo seggio reai s’era raccolto;
a cui prima di tutti ’l suo fratello
Arno, inchinato, con si dolce suono
65 gli fe’ d’un giglio dono:

— Come divenner pallide le rose (0
che a te ’l gran Nilo a mezzo inverno offerse,
quando de le natie piú rugiadose
vide le rive tue d’intorno asperse,

70 cosi ’l mio giglio ogni vaghezza ascose,

poi che piú vaghi i tuoi gigli scoperse;
ma se piú adorni fiori in me non sono,
quanto ti posso dar, tutto ti dono. —

Indi si mosse, riverente in atto, ( a )

75 il bel fiume di Manto

e gli porse il suo don con questo canto:

— Di queste disuguali e dotte canne (3)
di cui l’armonia fece oltr’Indo e Tile

(1) Di Troilo Baglioni [Ed.J.

(2) Del Coppetta [Ed.].

(3) Di Giampaolo Lancellotti [Ed.J.