Pagina:Guidiccioni, Giovanni – Rime, 1912 – BEIC 1850335.djvu/218

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175 fe’ al tuo crin bianco il lauro si pregiato,

l’umil Metauro con ardente zelo
correndo è giunto al tuo seggio onorato,
e in segno di gran scettro e gran corona
questa regai fortuna oggi ti dona. —

180 Io era per udir sino a la sera (0,

tanti fiumi scorgea da varie bande
ratti venir; ma, ripensando a l’ira
che muove i dèi quando i segreti loro
occhio mortai di riguardare ardisce,

185 indi mi tolsi taciturno e cheto

e volsi in fretta in questo loco il passo,
acciò che ognuno apertamente intenda
a quanta gloria è giunto il nostro Tebro.
Ma tempo è ornai di ritornare al gregge
190 che senza guida errar deve per Tonde.

CXXXIII


Al cardinale Tiberio Crispo
che in caccia aveva ucciso un lupo.

(tra il 1545 e il 1548)

Se colei che nel pan cangiò le ghiande,
con la forma cangiava al fiero Scita
quel costume ch’ai sangue ancor l’invita,
era di dea ben pietosa opra e grande:

ma tal forse lasciollo, acciò che ’l mande

»

a divorar questa vii greggia, unita
si ne’ suoi danni e di spogliare ardita
i solchi ov’ella i suoi tesauri spande.

Signor, voi degna al crudo linceo morte
deste pur dianzi ; e Cerer non si lagne,
ché i suoi nemici andaro a simil sorte:

qual vaghezza di cacce o di campagne
vi può menar per vie si strane e torte,
che giustizia da voi si discompagne?

(1) Del Coppetta [Ed.].