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Pagina:Guidiccioni, Giovanni – Rime, 1912 – BEIC 1850335.djvu/231

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16
Ben cieco è ’l mondo, poi ch’a cosi rare
grazie del ciel gli occhi tien chiusi ognora,
e a cui pregio divin dovrebbe dare,
come cosa mortai stima ed onora;
ma piú d’ogni altro voi, donne mie care,
ben sete cieche, poi che questa ancóra
non conoscete, onde ogni vostro bene,
come dal fonte suo, deriva e viene.
17
Credete voi che le bellezze vostre,
che vi fanno superbe ir ed altère,
fossero tai ch’ancor su ne le nostre
sfere ardesser per lor tutte le schiere,
se ’l bel, ch’ognor piú in voi par che si mostre,
con Tornate e lodevoli maniere
non prendesse (di Dio si raro dono)
qualitá da costei di ch’io ragiono?
18
Belle vi fece il ciel, donne, io noi niego,
tanto che forse mai non ne fe’ tali ;
né a parte alcuna mai volando io piego,
ch’altre a voi di beltá ritrovi uguali:
ma questa, di cui parlo e per cui priego,
con le sante sue luci ed immortali
tanta par che beltade ognor v’imprima,
che nulla si può dir fosse la prima.

»9

Non è alcuna di voi che ’l viso adorno,
a cui sol di beltá si deve il vanto,
e i lumi che fan chiaro il cielo intorno
e ’l riso e ’l puro sen candido e santo,
ove Amor e Onestá fanno soggiorno,
si fermi intenta a rimirar alquanto
di questa cara a Dio, che in varie tempre
da lei piú bella assai non parta sempre.

G. Guidiccioni, F. Coppetta e altri, Rime.

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