Pagina:Guidiccioni, Giovanni – Rime, 1912 – BEIC 1850335.djvu/249

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3
Non è il piacer che nel celeste regno

fra l’anime beate ne conduce;
1
non il molt’oro è quel che fa l’uom degno
di quella grande inaccessibil luce;
bisogna contemplar quel che nel legno
pendè per nostro amor: questo sia duce,
questo solo il cammin vi mostri dove
moviate i vostri passi e non altrove.
4
Pensate dove nacque, e pur di Dio
era figliuol ; pensate quanti omei
soffri, mentre per voi benigno e pio
dimorar volse fra gl’iniqui ebrei:
si non vi nascerá mai van disio;
si fortunata quattro volte e sei
sarete; e se soffrite caldo e gelo,
dolce vi sia per acquistare il cielo.

CLXIX


Gl’innocenti preservino, dal cielo, Perugia dai tiranni.

Alme pure, innocenti, che nel cielo
nei primi giorni de la vostra etá te,
cedendo a cosi nuova crudeltate,
liete volaste e dal caldo e dal gelo,

poi che quel sommo Amor, rotto ogni velo
del tenebroso e cieco error, mirate
e di lui l’infinita alta pietate,
accesa in puro e temperato zelo,

volgete gli occhi santi al colle Augusto,
il cui piede di rose e gigli adorna
il Tebro altèro in vaga alta maniera:

che non rinasca in noi tiranno ingiusto
e questa bella etá d’oro, che torna
per virtú del gran padre, unqua non péra.