Pagina:Guidiccioni, Giovanni – Rime, 1912 – BEIC 1850335.djvu/255

Da Wikisource.

e nova terra e mar turbi e scompigli?

Or intanto per noi la lancia pigli
questo buon cavalier in cui s’annida
la paterna virtute e ’l chiaro ingegno,
il quale stima prender Tarmi indegno,
se non per lei di cui s’è fatto guida:
né giá scorta piú fida
trovar potea né piú sicure squadre
la gran chiesa romana e ’l santo padre.

Dunque è ben degno di menare in gioia
quest’almo giorno, e suoni e canti e balli
gir con libero cor movendo lieti.

Sparga man bella fior vermigli e gialli
e disperga da noi tristezza e noia,
si ch’ogni stato il suo cor lasso acqueti;
oggi di sacre ninfe e di poeti
per ogni lido un bel numero eletto
vada cantando in voci alte e gioconde;
corra latte il Metauro e le sue sponde
copran smeraldi, arena d’oro il letto;
e ’l pallido sospetto
da noi si sciolga, forte nodo avvinga
Tempio furore in parte erma e solinga.

11 nostro cielo oscura nebbia tinge;
ma virtú tra le nubi ancor traluce
né l’italico lume al tutto è spento;
poi che l’invitto e generoso duce
per la sposa d’iddio la spada cinge,
via piú d’ogni altro a custodirla intento.

A che spiegar aquile e gigli al vento,
o d’Italia smarrita e cieca schiera,
se le chiavi e la croce hai per insegna?

Ma l’eterna bontá non si disdegna
per te chiamar la guida eletta e vera,
che baldanzosa spera
di riconducer sotto il gran vessillo
la santa pace e ’l bel viver tranquillo.

Piaccia a voi cui fortuna e virtú diede
sul Po, sul Mincio e su la riva d’Arno
tenér di duce il ricco seggio e ’l nome,