Pagina:Guidiccioni, Giovanni – Rime, 1912 – BEIC 1850335.djvu/269

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Io fui ch’apersi al re di Licia il petto
e ’l risaldai con quella lancia istessa;
fu da me Lesbo e Tenedo soggetto;
questa man fe’ cader Tebe e Lirnessa;
per me fu Crisa e Cilla, alto ricetto
del sacro Apollo, e per me Siro oppressa;
e, trovando Achille io, non si può tórre
che non giaccia per me l’inclito Ettorre.

E per quelle arme che fúr mezzo e scorte
a ritrovarlo i’ vi dimando or queste;
io gliele diedi in vita, e dopo morte
son le dimande a rivolerle oneste.

Per Paffanno d’un sol, sotto una sorte,
tutta Grecia si muove e l’arine veste
e mille vele a un tempo Aulide tiene
di nessun vento o pur contrario piene;
33
E Pirata Diana in sacrificio
chiede d’Atride la figlia innocente;
col ciel s’adira ed al divin giudicio
ripugna in tutto il genitor dolente,
e, quantunque sia re, pure il supplicio
piú de la figlia che del popol sente:
io col mio dire al pubblico profitto
l’animo rivoltai del padre afilitto.
34
Ora noi nego, e ’l re mi scusi, io vinsi
sotto giudice iniquo un duro piato:

Putii comun e del fratei dipinsi,
la regia podestá, lo scettro dato:
ove con queste e piú ragion lo strinsi
a compensar col grido il sangue amato;
andai poscia a la madre, e modo accorto
fu l’usar seco astuzia e non conforto.