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CXCVI
In lode di Bernardo Giusti.
Io ch’una volta lodai noncovelle
deggio ben lodar voi che siete il tutto
3 circa i costumi e le virtú piú belle;
ma non prometto di toccar per tutto
i tasti del vostr’organo, perch’io
6 non mi voglio imbarcar senza presciutto;
bastami sol di sodisfare al mio
(disse il padre Ariosto, io non so donde)
9 c’ho di lodarvi e d’onorar disio.
Voi non siete un bell’arbor pien di fronde,
ma tutto pien di frutti e pien di fiori
12 e quel ch’appare è bel, quel che s’asconde.
Chi vi riscontra è forza che v’onori
e, come foste buona roba, è forza
15 che chi parla con voi se ne innamori.
Non son parole, prospettive e scorza
le cortesie ch’usate, e ’l donar vostro
18 altrui non prega, ma comanda e sforza;
voi sete proprio ne le corti un mostro
e il riverso e l’antifrasi di tanti,
21 vituperio e disnor del secol nostro.
I servizi che fate son cotanti,
cioè senza dir : — Torna oggi o dimane —
24 e dite del «si» sempre a tutti quanti ;
e le vostre gentil maniere umane
e ’l conversar domestico e sicuro
27 son grati e dolci piú del marzapane.
Ai salsi detti, al ragionar maturo,
quando aprite la bocca, io veggio chiuse
30 la salara e le scole in sopramuro.
Che dirò di Parnaso e de le Muse
che vi terrian piú che fratei, se voi
33 giá non l’aveste per Mercurio escluse?