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Pagina:Guidiccioni, Giovanni – Rime, 1912 – BEIC 1850335.djvu/322

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7
Signor, eh’in questo legno duro e grave
sopportasti, com’uom, figliol d’Iddio,
la morte, e cosi in man ti die’ la chiave
del suo bel regno il tuo fattore e mio,
il perdonar ti fu dolce e soave
ogni ignominia, e cosi far vogl’ io:
perdóno per tuo amor e non mi pesa
ogni ingiuria, ogni oltraggio ed ogni offesa.
8
Madre del redentor benigna e pia,
riposacol di Cristo sacro e santo,
perch’io ti veggio in cosi acerba e ria
pena, coperta di uno scuro manto,
qual servo vengo a farti compagnia
col dolor cordiale, col caldo pianto
per il tuo figlio, che battuto e morto
lo veggio in croce e veramente a torto.
9
Non niego in alcun modo, anzi confesso
di avere offesa la sua maestade
e che del mio peccato il grave eccesso
non meritava grazia né pietade;
però ricorro languido e difesso
a te, Maria, che sei somma bontade,
che tu impetre per me qualche perdono
dal tuo figliuol col qual piango e ragiono.