Pagina:Guidiccioni, Giovanni – Rime, 1912 – BEIC 1850335.djvu/46

Da Wikisource.

LXII

Ella a salutari pensieri lo sublima.

Splende nel mio pensier l’imagin viva
di lei che m’arse il cor, perch’io salissi
seco talor lá’v’io l’alma nodrissi,
ch’era del vero ben digiuna e priva.

E come pur co’ la virtú visiva
ognor in lei nova beltá scovrissi
e ’l dolce suon de le parole udissi,
la mia speranza ognor piú si ravviva.

Fosco desir non turba il bel sereno
de’ giorni miei, né può forza d’oblio
spegner favilla del mio foco bello.

Cosi mi vivo, e nel suo casto seno
vola audace talor lo spirto mio
e forma ciò che poi scrivo o favello.

LXIII


A Girolamo Correggio,
che invano sospira per la sua donna.

Correggio, se ’l tuo cor sospira invano
la neve onde gelò, le fiamme ond’arse,
ch’Amor istesso per le guance sparse,
e gli occhi vaghi e ’l dolce riso umano,
io gioisco ed in atto umile e piano
lodo e ’nchino il mio sol, che tal m’apparse
che, sianmi lungi le sue luci o scarse,
co’ bei pensier le mie ferite sano.

Né temo io giá che ’l fior de la speranza
vento d’invidia mai fieda o disperga
né ch’Amor tra ’l mio dolce il suo fel mischi.

La mente eterno ben vede e s’avanza
nel bel de l’alma sua, dov’ella alberga;
nel frale a pena vói che gli occhi arrischi.