Pagina:Guidiccioni, Giovanni – Rime, 1912 – BEIC 1850335.djvu/64

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XCII


A Girolamo Rivola.

Spera vivere ind’ innanzi sciolto da amore.

Soleano i miei famelici ed ardenti
spirti viver de l’aria del bel viso,
ch’aveva me da me stesso diviso
e allontanato in tutto da le genti ;

e solean gli occhi desiosi, intenti
mirando il vago e mansueto riso
per cui s’apriva in terra un paradiso,
tanto lieti restar quant’or dolenti :

ma la spietata mia fiera ventura
m’ha quel fido sostegno e ogni speranza
di ricovrarlo indegnamente tolto.

Or vorrei, poiché nulla al mondo dura,
viver la breve vita che m’avanza,

Rivola mio, da tai legami sciolto.

XCIII



Piange le perdute speranze.

Come su l’olmo i suoi fieri accidenti,
se ’l duro zappator i nati appena
figli sen porta, piagne Filomena,
empiendo l’aere di pietosi accenti ;

cosi torno ad ogn’or lá ’ve i pungenti
occhi turbati, i quai non rasserena
la chiara umiltá mia, con larga vena
di pianto fèro i miei molli e dolenti,
allor che l’alte mie speranze vidi
fulminare e sparir gioie e riposi,
come al sol umid’ombra si dilegua;

e quivi, senz’aver col dolor tregua,
gli occhi infermi portando e lacrimosi,
percoto l’auree stelle co’ miei gridi.