Vai al contenuto

Pagina:Guido Carocci I dintorni di Firenze 01.djvu/114

Da Wikisource.
96 I DINTORNI DI FIRENZE.

Dalla Piazza delle Cure si partono in varie direzioni parecchie strade che conducono verso il Campo di Marte e le colline di Camerata e di Fiesole; ma queste abbiamo già percorse nel precedente capitolo, sicché non ci resta che seguire la Via Boccaccio la quale va nel suo primo tratto parallela al torrente Mugnone.

Sul canto della Via Maffei, una delle nuove strade, è un

Tabernacolo di elegantissime forme architettoriche, con alcune figurette di angeli e che ha nell’interno la figura della Vergine col bambino Gesù in braccio. Il tabernacolo, come le sculture in pietra, sono un felice lavoro del Giambologna.

La Via Boccaccio, passando disotto alla Villa Palmieri sbocca sulla Piazza di S. Domenico dove fanno capo le altre strade che da Firenze si dirigono verso Fiesole e delle quali abbiamo discorso nel capitolo precedente (Barriera della Querce).

Schifanoja o la Fonte de’ Tre Visi. - Villa Palmieri ora del Conte di Crawford e Belcarres. — La incantevole bellezza del luogo le dette il primo nome, una fontana adorna forse di una testa di Giano a tre faccie, il secondo; più noto é però il nome di Villa Palmieri, giacché fu quest’antica e ricca famiglia che rabbellì e la rese splendidissima. Le tradizioni relative al Boccaccio ed al Decamerone, dicono come essa fu uno dei soggiorni più favoriti di Messer Giovanni ed egli stesso narra d’essersi qui a lungo trattenuto colle sue novellatrici.

In antico la villa di Schifanoja era di Cione di Fine della famiglia Fini, poi passò nei Solosmei, che la possedevano nel 1427 e da Matteo la comprava nel 1457 Marco Palmieri. I Palmieri l'hanno posseduta fino al decorso secolo ed a loro si debbono tutti gli abbellimenti che furono arrecati all’edilizio ed ai suoi annessi. Fra questi l’antichissima volta che attraversava per un lungo tratto la strada, formando una splendida terrazza che metteva poi in comunicazione la villa coi giardini.

La villa fu dopo Farchill, poi della Granduchessa Maria Antonia di Toscana che l’ebbe in dono e i di lei amministratori la vendevano, anni addietro, al conte di Crawford