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Pagina:Guido Carocci I dintorni di Firenze 01.djvu/195

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BARRIERA DELLE CURE. 161

ciata si vede tuttora lo stemma dei Baldovinetti. Alla pieve veune riunita in antico la chiesa soppressa di S. Maria a Bujano.

La pieve di Montereggi è piccola di proporzioni, di costruzione antichissima, ma deformata da ripetuti restauri; conserva la tettoja a cavalletti. D’opere d’arte non possiede che un grazioso ciborio scolpito in pietra del XV secolo, una caratteristica piletta di marmo del secolo precedente ed una croce processionale di rame dei primi del XV secolo.

Acquedotto Reale o di Montereggi. — Le acque che sgorgano in gran copia da ogni parte del poggio di Montereggi, forniscono fin da tempo immemorabile l'acquedotto di Fiesole e vennero poi destinate anche a servire ai bisogni di Firenze. I sovrani Medicei soprattutto, ebbero cura di ordinare sapienti e costose opere, allo scopo di allacciare le diverse sorgenti per riunire in apposito serbatojo le acque che un acquedotto conduce a Firenze. Nel volger del tempo, molte opere di miglioramento vennero compiute a questo acquedotto che fu perfezionato specialmente sotto il governo di Leopoldo I. Il condotto Beale aveva un secondo serbatojo nella località detta il Ponte del Calderajo e le acque giunte a Firenze venivano destinate ad alimentare le pubbliche fontane, gli edifizj di proprietà granducale, gli spedali e certi determinati istituti. Le moderne disposizioni prese per accrescere la quantità delle acque necessarie agli aumentati bisogni della popolazione, non solo non hanno fatto abbandonare il vecchio acquedotto Mediceo; ma sono state anzi dirette anche a migliorarne il funzionamento e ad accrescere il volume delle acque che in esso s’immettono, sicché può dirsi che le sorgenti di Montereggi arrecano tuttora vantaggi rilevantissimi a questo essenzialissimo fra i servizi di pubblica utilità.

Il Leccio o Montereggi. - Villa Amphoux. — Fu casa da signore dei Popoleschi che insieme ad altri beni nei popoli di Saletta e di Montereggi, la possedevano fino dal XIV secolo. Passò ai primi del XVI secolo ai Rucellai e più tardi ai Griuntini, i quali ne erano proprietarj anche nel decorso secolo.


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