Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
198 | sonetti d’amore |
118
Prega la donna che lo tenga per leal servitore.
Non mi credea tanto aver fallato,
ca mi celasse mostrar so clarore
la rosa del giardino, a cui son dato,
perder potesse per altrui furore.
5Non so perché mi avvenga, isventurato!
Ché sopra me non fu mai servidore
d’amarvi, fresco giglio dilicato:
nova ferita avi’ data al meo core.
Per Deo, vi prego, non siate altera;
10poiché ’l meo core avi’ ’n vostro tenore,
nol sdegnate tener vostro servente.
Non è ragion che lial servo pera:
se ciò avvien, gran falsitá fa Amore,
lo quale nasce cotanto sovente.
119
Amante disamato, è distrutto dalla pena.
Dolente, tristo e pien di smarrimento
sono rimaso amante disamato.
Tuttor languisco, peno e sto in pavento,
piango e sospir di quel ch’ho disiato.
5Il meo gran bene asciso è in tormento:
or son molto salito, alto montato,
non trovo cosa che m’ sia valimento,
se non com omo a morte iudicato.
Ohi, lasso me, ch’io fuggo in ogni loco,
10poter credendo mia vita campare,
e lá, ond’io vado, trovo la mia morte.
La piacente m’ha messo in tale foco,
ch’ardo tutto e incendo del penare,
poi me non ama, ed eo l’amo sí forte.