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di frate guittone d'arezzo 233

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Esalta la buona coscienza, che lo trattiene dal peccare.


     O quanto fiedi me forte sanando,
tu, dolze amica mea, bona coscienza,
non dal meo cor la tua verga cessando,
4ferendo adessa ch’eo penso a fallenza.
     E com’om pro caval fello spronando,
partendome da vizio e da spiacenza,
l’alma m’adolci più che mel gostando,
8s’alcun’ora mi movo a tua piacenza.
     O fren di scienza e d’onestá sperone,
o verga di giustizia, amica mia,
11o cibo il qual Dio di vertù compone,
     piò che cos’altra mai pregiar te dia,
ché tutto ’l mondo en me par ben non pone;
14guai, guai a quello, en cui non hai balia.

172

Apprezza sopra tutto la castitá.


     Ahi, che bon m’è vedere ben patiente
omo d’engiulia e di dolor gravato,
e mansueto e ben umil possente,
4e pover puro e nel suo poco agiato,
     e secular che tene in ciel la mente,
e cherco al suo mistier ben concordato,
e frate el cui disio solo Dio sente,
8e dolce e giusto saggio e pro perlato;
     ma ciò che piaceme forte piò via
è giovan om dilicato e sano,
11che di fatto è casto e di talento.
     Onni guerra leggera stimo sia
enver di quella, ed onni aversar vano;
14per che ’l ventor piò d’altro ho ’n piacimento.