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annotazioni alle canzoni d’amore 301


saggia» credo debba interpretarsi: per mezzo di donna che sia riconosciuta saggia; e ai vv. 44-45 intenderei: e meriti (valuti il merito di) tutti i miei fatti in prove a suo piacimento e saggi, apprezzi i valenti (i fatti che hanno valore). Perciò leggo, seguendo B: «li valenti saggi», laddove il Pell., conforme ad A leggeva: «li valenti e saggi». Pel v. 44 il Pell. stesso non escludeva la possibilitá d’intendere: «mette a prova i miei fatti», accogliendo la lezione di A: «e metti tutti ecc.», rimandando al Caix, § 211 per la forma «metti» in luogo di «metta».

vv. 46-48. Va, canzone, se ti piace, da mia parte al buon messer Migliore, che... Al Pell. non riusci chiaro il senso della proposizione relativa seguente, e notò come a seguire A («che dona e parte»), non si capisce in qual modo messer Migliore potesse «donare e spartire» tutto ciò l’uomo (indeterminato) possiede; e volendo seguire B, da un lato si avrebbe ancora il senso medesimo, leggendo «ch’è donn’e parte»; dall’altro non si coordinerebbe col verso seguente, risolvendo in «ch’è d’onne parte». Il senso è evidentemente questo: ... che concede e divide (oppure: che è signore e divide) tutto ciò che si ha in questa parte. La difficoltá sta solo nell’interpretazione dell’espressione limitativa: in questa parte, cioè in questo campo. Quale? Logicamente vien da pensare che messer Migliore fosse giudice ne’ contrasti d’Amore, e quando vi fosse da saggiare la dirittura del proprio operato in Amore.

XIII. Le stesse rime ricorrono nello stesso ordine nelle cinque stanze, e cioè: «sovra — sovro — sovro — sovra; sovri — sovri — sovre — sovre». Naturalmente codeste parole hanno quasi sempre significati diversi, anche a seconda della loro divisione, come, ad es.: «sovre — s’ovre — sovr’è». Ne conseguono difficoltá enormi d’interpretazione.

vv. 1-8. «Gioia» è il «senhal» della donna amata; perciò il ms. A può leggere: «La mia donna». Il Pell. spiega: «L amia gioia, che è sovra d’ogni altra, vuole che io trovi (componga versi) in sua lode..., ma le uso un torto (commetto un fallo verso di lei) se opero la mia canzone (se la compongo) cosí che s’apra (sia chiara e patente) ad ognuno. Per ciò (cosí facendo) non credo che s’operi ragionevolmente: onde mi piace che il mio ingegno s’eserciti piuttosto in motti sottili ed alti e dolci, sopra di ciò che la sua corte (la sua signoria) mi chiede che s’operi (si faccia da