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di guittone d'arezzo 29

XIV

Vive fuori di vita, ed è, dopo la gioia, nel piú grave dolore.


     Tutto ’l dolor, ch’eo mai portai, fu gioia,
e la gioia neente apo ’l dolore
del meo cor, lasso, a cui morte socorga,
ch’altro non vegio ormai sia validore.
5Ché, prima del piacer, poco po noia,
ma poi, po forte troppo om dar tristore:
maggio conven che povertá si porga
a lo ritornador, ch’a l’entradore.
Adonqua eo, lasso, in povertá tornato
10del piú ricco acquistato
che mai facesse alcun del meo paraggio,
sofferrá Deo ch’eo pur viva ad oltraggio
di tutta gente e del meo for sennato?
Non credo giá, se non vol meo dannaggio.
     15Ahi, lasso, co mal vidi, amaro amore,
la sovra natoral vostra bellezza
e l’onorato piacenter piacere
e tutto ben ch’è ’n voi somma grandezza!
E vidi peggio il dibonaire core
20ch’umiliò la vostra altera altezza
a far noi due d’un core e d’un volere,
perch’eo piú ch’omo mai portai ricchezza.
Ch’a lo riccor d’amor null’altro è pare,
né raina po fare
25ricco re, como né quanto omo basso,
né vostra par raina amor è passo.
Donqua chi ’l meo dolor po pareggiare?
Ché qual piú perde acquista in ver me, lasso.
     Ahi, con pot’om, che non ha vita fiore,
30durar contra di mal tutto for grato,