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334 nota


c’è bisogno di medicina e cosí nullo è il valore, quando non c’è nulla dove possa esser messo alla prova. Perciò chi vuol valere deve desiderare e cercare il lavoro al di fuori del quale un cavaliere non ha maggior pregio d’un villano.

v. 23 segg. Intendo: Amico, a cui intendo sia necessario aver contrasti da ogni parte, il vostro valore si vuol vedere alla prova («voi chere vedere») e vedere che cosa vai la sapienza ove non è pazienza, e vuol ben pagare d’onore, di prodezza e di piacere, secondo il valore di ciascuno. Vi piaccia dunque di sforzarvi; e valore e ingegno, non il buon principio, conducono ad un fine che sia soddisfacente e a Dio gradito.

v. 28: «e voi»; il Val. emenda: «emol».

v. 34: «ch’apiacenti», cosí risolvo, intendendo il vocabolo come verbo, cioè: che renda piacente; ma si potrebbe anche leggere: «ch’a’ piacenti ecc.» cioè: che piaccia ai piacenti ed a Dio. Il Val. modifica: «ch’appiacentir Dio piaccia».

XLVI. v. 29. Che qui manchino due versi ce lo dice la metrica ed anche il senso, ché non si conclude il periodo che comincia al v. 23.

v. 31. Il v. sospeso tra due lacune resta senza senso.

v — 33 segg. Intendo: non si dica che esagero nell’onorarti, in quanto tu non sei uomo di grande nascita; perché quanto piú uno viene dal basso, piú caramente lo pregio. Colui, i cui antenati furono («fuor») di nobile e valente condizione, se segue valore, gli è riconosciuto poco onore. Per giungere a questo senso, che mi sembra certo, ho variato del tutto la punteggiatura dei preced. editori.

v. 39 segg. Il senso è: Se dimostra valore il figlio di un destriero, non è cosa notevole; se non è (figlio di destriero) allora grande è la lode; ma se assomiglia a un ronzino, allora viceversa grande è la vergogna. Ma qual meraviglia è, qual grande cosa che abbia il valore di un destriero, se proviene da un ronzino! Al v. 39 il ms. ha: «se figlio de distrier uale»; ma la metrica richiede qui un endecasillabo e il Val. e il Mon. emendarono «se figlio de distrier distrieri vale». L’emendamento che propongo mi par s’addica meglio al senso.

v. 47: «or», oro: da stagno si muta in oro.

v. 49 segg. Intendo: In veritá non il lignaggio, ma il cuore fa il sangue (cioè la nobiltá), né il potere fa il vero merito, ma