Pagina:Guittone d'Arezzo – Rime, 1940 – BEIC 1851078.djvu/344

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reggibile nella lettura; e tuttavia senza «ma» il senso non risulta compiuto.

v. 124. Credo si debba intendere: ed è pericoloso piú di qualsiasi altra cosa odiosa.

v. 127. Cioè: ritengo che sarebbe pietá esser verso di lui crudele.

v. 146. Intendo: saggia, se bene osserva ogni cosa, stando in guardia.

v. 162. Il Val.: «Non s’addiria al mistero, o dire oscuro», intendendo: «dir poco o dire oscuro di gran cosa non si converrebbe al bisogno». Ma il poeta parla qui esclusivamente della lunghezza del suo «trovato», e se ne scusa osservando che un discorso piú breve non sarebbe stato conveniente a tanto importante compito o sarebbe stato poco chiaro. Perciò credo di dover escludere il «dire» che il Val. deriva dal ms. C, laddove gli altri mss. hanno «dicie»; e quanto al «dicese», lezione di A (B: «si dire»; C: si diria») non si può non accoglierlo, quando si sia accolto «dice».

L. Questo principio di ballata è dato unicamente dal ms. C sotto la rubrica: «fra Guictone darec̦o» e in seguito ad altre canzoni del medesimo; e non credo possa cader dubbio sulla autenticitá, che non si desume soltanto dall’autoritá di quel codice, ma anche all’affinitá di contenuto e di forma con altre rime del nostro (v., per es., il n. XV). L’interruzione al v. 8 è dovuta alla mancanza d’un foglio del ms.