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annotazioni ai sonetti d'amore 347


notato: «Questo Maestro Bandino è il Padre di quel Mastro Domenico d’Arezzo che fiori ne’ tempi del Petrarca e compose molti volumi». E di questa opinione è anche il Pellizz., p. 35.

vv. 3-4. Il Pell. spiega: «Io voglio e ho bisogno d’amare (tale donna) di cui («che») non sono degno e in gran bene me ne verrei riuscendoci». E possibile un tal significato di «che»? Può esso mai valere: «tal donna di cui»? Il Pellizz. crede che l’espressione «non son degno» sia un’allusione alla slealtá di cui si parla al son. 20, 3. Certo è piuttosto strano asserire: Voglio amare, ho bisogno d’amare, non ne son degno, ma mi gioverebbe assai, perché senza amare non spero d’essere onorato. Molto si chiarirebbe il pensiero se si volesse ammettere ahe Amore è la setta dei «Fédeli d’Amore». Per chi non vuol farlo ci potrebbe essere una soluzione per la prima parte del v. 4, ponendola come un inciso interrogativo: (che forse non ne son degno?); ma resterebbe pur sempre da spiegare come mai senza amare G. disperi d’essere onorato.

v. 6: «ennamorar». Per il Pell. questo verbo è transitivo, per il Pellizz. intransitivo. Il Pellizz. osserva, a ragione, che questi tre sonetti non debbono esser considerati separatamente da quelli che li precedono, e si rifa appunto al son. 23, dov’è detto chiaro: «E trovomi che non guair’amo quella che m’ama forte ecc.». Comunque del vero significato che «amare» ed «ennamorare» hanno in questi sonetti potranno forse rendersi conto soddisfacentemente solo quanti siati disposti ad ammettere l’ipotesi dei «Fedeli d’Amore»; ché allora «amare» varrebbe: esser fedele d’Amore, e «ennamorare»; entrare nel novero dei Fedeli d’Amore.

v. 11: «en tale loco» cfr. son. 25, 3.

v. 13: «a guisa de li amati», cioè: come quelli che sono nelle grazie d,’Amore, e non come quelli, di cui s’è detto sopra, che amanti non sono amati, ma disdegnati.

29, v. 1: «nome ecc.»: nome non veritiero, in quanto richiama a «guitto». Cfr. i sonn. 209 e 235.

v. 4: «che ’l cor fa ghiaccio». Il Pellizzari spiega: «mentre il tuo cuore è di ghiaccio» (p. 43).

v. 8: «gioios’, e’n ciò...». Il Pell. divise: «gioio’se’n ciò»; ma al Parodi — e mi sembra giustamente— «questo «gioio’», se sta per «gioiosa», sembrava troppo strano»; e dubitava si trattasse d’errore di stampa per «gioi’ò», sebbene anche questa