Pagina:Guittone d'Arezzo – Rime, 1940 – BEIC 1851078.djvu/364

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145, v. 7 segg. Intendo: per cui un uomo prode nessun’altra cosa mai si onori di fuggire di piú, né prima, che l’errore non abbia a ledergli il pregio e la mente.

v. 10: «gente gent’om». Il ms.: «gente [a] gentom», per cui il Val.: «Ahi che gente a gent’uom ecc.»; e ne risulta il senso seguente: Ahi, come mi sembra che stia bene ad un gentil uomo, che sia puro, fedele e buono, anche se pecca». Ma l’«a» che il Casini stampa tra parentesi quadre perché di mano piú recente, risulta da una correzione posteriore e può esser tolta senza scrupolo, ottenendo un senso piú soddisfacente: Un gentil uomo che sia un puro e buon fedele, mi sembra che resti gentile anche se pecca. E cioè: il peccato, che non sia d’eresia, non disonora.

v. 18. Il senso è che chi è inferiore non può disprezzare il superiore, anche se s’avvede ch’esso sta nel vizio. E potrebbe dunque degnamente biasimare Dio alcun ministro, avendo di lui un malvagio pensiero o sollazzandosi dove, cioè in cosa nella quale si possa bruttare la fede?

146. Il senso generale risulta abbastanza chiaro, ma qualche difficoltá presentano le terzine che il Val. ha rinunziato a comprendere. Intendo: Voi, fratelli, che desiderate e quanto piú potete vi arrabattate per acquistare una ricchezza vana, in primo luogo peccate non poco contro Dio, anche se questa ricchezza vi procacciate senza slealtá e senza «follore», e affannate troppo in questa ricerca il vostro corpo, e se anche vi riposate talvolta, il cuore è pur sempre dentro voi in subbuglio notte e giorno. Inoltre con l’arricchire sempre piú non vi appagate, ché anzi piú salite in alto e piú diminuisce l’appagamento e cresce l’ardore di possedere. Invece ciascuno si può dire ben provvisto, se ora è meno appagato ed ha maggior fatica e cura, avendo molto, di quanto non facesse quando aveva meno; perché avere il sacco pieno e il cuore vuoto non è un aiuto, è un peso. L’uomo non gode la ricchezza, perché le ricchezze danno ansia, perché egli muore se la ricchezza «desmora», si perde, e cosí sempre si duole, se non accumula, onde se anche mangia bene e veste bene, gli fa da veleno, gli diventa veleno.

148, v. 4 . Il ms.: «Maderrore affallor tal fiata alcono». Non è facile trarre un senso da questa lezione; che vorrebbe infatti dire: Ma talvolta l’errore ha qualche fallo? Bisogna ricorrere ad