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372 nota


v. 10: «lo»; il ms. e il Val.: «la». L’emendamento mi sembra inevitabile.

v. 12: «vietal, cioè «vietali»; il Val. emenda: «vieta».

212, v. 1: «Guidaloste» fu identificato dal Torraca, Per la st. lett. del sec. XIII, p. 29 segg. con un «joculator de Pistoria».

v. 12. Il Pell. nella recensione a Mer. (Giorn. st., LXXXV, 133 segg.) propone un emendamento che non mi sembra accettabile: «ciascun[o] biasmi e reo ten, si t’è bono:», intendendo: tu biasimi e tieni reo ciascuno, se ti torna conto; credo che il senso sia: ritieni reo ciascuno, e si ritieni te buono.

v. 14: «galeati». Il Mer.: «ga eat’i»; ma credo che l’articolo non ci debba essere qui, come non c’è nel verso precedente: «matti». Nel ms. leggiamo: «galeati saccenti di te non sono»; per restituir la misura l’emendamento piú semplice è quello giá adottato anche dal Val. e dal Mer., e cioè la soppressione di «di te».

213, v. 4: «anch’ee», cioè: anch’e’, anch’esso.

v. 8: «see», cioè: sei («se’», con «e» epitetico).

v. 11: «torna final», torna finalmente. O sará da leggere: «torn’ a final»?

v. 14. Il verso è ipermetro e non si riduce a misura se non troncando, nella lettura, «seme» in «sem».

214, vv. 9-14 II senso delle terzine non è chiaro. Forse si potrebbe interpretare cosí: Nell’amore è ragionevole dare importanza, stimare la «voglia», cioè l’aspirazione, non il fatto; e l’uomo prode deve stimare, dare importanza solo a ciò che è ragionevole (e quindi all’aspirazione, al desiderio, anche se non è seguito dal fatto). E a voi, messere, vi acqueti la vostra straordinaria prodezza, la vostra grande ragionevolezza, non la mia bassezza, nella vostra alta posizione. A me, la materia della vostra bontá sempre è obbligazione della mia fede.

v. 11: «sorprò»; il Val.: «sol prò». «Sor» ha qui, come altrove, un valore rafforzativo.

v. 12: «en»; il ms.: «e», ma si può supporre che sia stato omesso il segno d’abbreviazione; il Val. emenda: «a», che pur concorderebbe col senso, se inteso, come è possibile in Guittone, come: in confronto di.