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di frate guittone d’arezzo | 65 |
e dí ch’afermin lor cori a volere
seguire ogne piacere
di quelli, che per tutto è nostro capo.
XXVII
Molto ha da vergognarsi del passato, molto da gioire del presente
e molto da sperare pel futuro.
Ahi, quant’ho che vergogni e che doglia aggio,
e quant’ho che sbaldisca e che gioire,
se bene isguardo, col veder d’om saggio,
u’ so, u’ fui, u’ spero anche venire!
5Vergognar troppo e doler, lasso, deggio,
poi fui dal mio principio a mezza etate
in loco laido, desorrato e brutto,
ove m’involsi tutto,
e venni ingrotto, infermo, pover, nuto,
10cieco, sordo e muto,
desviato, vanito, morto e peggio:
ché tutto el detto mal m’avea savore;
ché quanto al prenditore
piú mal piace, è peggiore.
15Ché pur nel mal, lo qual for grato offende,
alcun remedio om prende,
ma mal gradivo ben tutto roina,
e non ha medicina,
che solo la divina pietate.
20Quanto Deo, sua merzé, dato m’avea
di senno, di coraggio e di podere,
solo a sua lauda ed a salute mea
ed al prossimo meo prode tenere,
ad oltraggio di Lui ed a mia morte
25ed a periglio altrui l’operai, lasso!
Fra gli altri miei follor fo, ch’eo trovai
Le rime di Guittone d’Arezzo. | 5 |