Pagina:Hoffmann - Racconti II, Milano, 1835.djvu/36

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attraverso a tutta la casa vasta e solitaria risonava come un eco fatale: “Presto, presto tu cadrai nel cristallo!”

Lo studente Anselmo si sentì penetrato d’un orrore secreto che percorse tutta la sua persona come il brivido della febbre. Il cordone del campanello si allungò e si cambiò in un serpente bianco di smisurata grandezza che lo circondò e lo strinse, rinserrando sempre più le sue anella in maniera che le ossa dello studente erano spezzate a briciole, e che il suo sangue scorrendo dalle sue arterie saliva nel corpo diafano del serpente e lo tingeva di rosso. In questa spaventosa ansietà egli volle gridare: — “Uccidimi! uccidimi!” ma non potè cavar dal suo petto che un gemito sordo e inintelligibile. Il serpente drizzò la testa e appoggiò ii suo dardo acuto di rame ardente sul petto d’Anselmo. Tutto ad un tratto questi sentì un dolore pungente, la grande arteria del cuore si ruppe; ed Anselmo perdette ogni sentimento.

Quando egli ritornò in sè stesso era steso sul suo povero letto, ma vicino a lui eravi il vicerettore Paulmann che gli diceva: “In nome del cielo! quali stravaganze fate voi dunque, caro signor Anselmo!”