Pagina:Hoffmann - Racconti II, Milano, 1835.djvu/48

Da Wikisource.

— 46 —

ciava nelle sue vene, ed egli restava immobile come una statua di marmo; ma tutti i convitati si misero a ridere. L’archivista, dissero, era quella sera nel suo umore fantastico; ma ciò non dura più d’un giorno, domani non ve ne sarà più traccia; quando la burrasca è passata, egli resta seduto in un angolo delle ore intere, senza dire una parola, e segue cogli occhi le nuvole di fumo che manda fuori dalla sua pipa, o legge la gazzetta; quanto alle sue maniere brusche, non bisogna scandalezzarsene. — Questo è vero, pensò lo studente Anselmo; e chi vorrebbe scandalezzarsene? Il signor archivista non ha forse detto ch’egli era molto contento ch’io volessi copiare i suoi manoscritti? — E poi perchè il registratore Heerbrand gli ha egli chiuso il passo, quando voleva uscire? — No, no, in fondo è un uomo molto amabile il signor archivista Lindhorst e prodigiosamente liberale. — Solamente, egli ha qualche maniera di parlare un po’ strana... Ma che male può farmi? — Domani allo scocco del mezzo giorno io sarò da lui, se anche mille fruttaiuole a muso di bronzo volessero disputarmi l’entrata.