Pagina:Hypnerotomachia Poliphili.djvu/447

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comperta via commodamente di scrivere. De llà a pauculi giorni, questa seconda epistoletta sedulo et intentamente supersedendo alla mia salute, gli mandai a dire. Se meno fusse l’aspro mio tormento, che la tua usata crudelitate Nympha bellissima et Polia macta virtute alle mie longe afflictione, cum blandivola sperancia mi suaderia a patientia. Ma chiaramente hora io cognosco (per la mia prava et impropitia Stella) la tua cruda saevitia et feritate, qualunque mio incendioso martyrio superchiare et ultra cedere. Dunque che iuva, che vale ad amore di acrescere et incrementare, omni hora, al mio già consumpto corculo, uno tanto dolce foco, si più atroce et frigescente sempre te monstri, più che rigente gelo. Et il pecto tuo più algorifico, che non sono Derce et Nome fonti et più che Salamandra freda che cum il contacto il foco extingue. Alla mia ancillare et servile patientia, et agli mei notificati voti et indicato affecto. Tanto più succenso, quanto più il contrario si oppone della tua ispiacevolecia. Niente dimeno, disvinculare non posso l’amorosa et solida cathena, che sotta tanto molle et premente iugo angariosamente me tene. Immo quanto più ricalcitro, tanto più me implico, preso et captivo in questa amorosa Nassa. Quale muscula nella inextricabile opera di Aragne involuta. Et cusì strictamente revincto, et mancipato et captivo, non valido né apto alla fuga, constrecto son ch’io flectendo me ad te inclini. Perché in te sola consiste la mia libertate pretiosa, et omni mio necessario bene, onde si apertamente intendi Signora mia tanto sincera, et consumata dilectione, et tanta voluntaria subiectione, et tanto activo et operoso amore, perché dunque non voli acceptare tanto liberamente queste cose ad te donate? Cum tutta la vita oblate che nelle tue delicate mano ancipite pende? Heu dulcissima et bellatula Polia soccorri te preco, et lassa et concede penetrare, uno pauculo queste mie (non superbe, non arrogante) ma divote parole nel tuo core. Et suscita in te alquantulo di compassione, recevi gli caldi sospiri, ausculta gli mei domestici et familiari lamenti, cognosci la cordiale benivolentia, attendi ad sì fedele, et mansueto subdito. Imperoché avidutamente io mi moro, me consumo, del tuo immoderato amore. Intanto che tutto il mondo non potria ritraherme né da questo né summovere (più firmissimo di Milone) che io sopra omni altra pretiosissima cosa excessivamente non te ami, coli, et reverisca, et che io cernuo non te adori, o effigiato et vero simulachro di Dea dinanti agli ochii mei, et lo intuito mio publicamente tanto conspicuo et insigne representato. In nel quale limpidissimamente vedo depincto omni mia salute, et expresso omni mia pace dilecto et contento. E ii