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Pagina:I Cairoli delle Marche - La famiglia Cattabeni.djvu/46

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Perfino il Manzi, che nel giorno 19 era stato così valoroso non s’attentava affrontare quel fuoco delle artiglierie, ed in quel momento d’irresoluzione cadde morto, colpito da una palla conficcataglisi in un occhio, e con lui altri ne morivano pure, mentre si affaticavano a concitare i combattenti agli estremi conati.

Episodio glorioso.


Lo sforzo disperato accadeva intorno alla battaglia.

Giovambattista Cattabeni, con la persona scoperta, sublime, nel momento di spingersi innanzi, pareva una statua di bronzo in mezzo alle palle che gli fischiavano attorno.

Attraversando un campo sottoposto alla via contrastata dai combattenti, correva come lo trasportava il furore, ad aggredire di fianco il micidiale cannone.

Il sottotenente Luigi Fabrini di Comacchio, il luogotenente Zaoli di Rimini, ed io che lo narro, lo seguimmo.

Dalla bassa campagna montammo su quella via per la quale il cannone gettava fiamme e morte.

Alla vista improvvisa di assalitori, gittantisi addosso con il più risoluto ardire, gli artiglieri, lasciato il pezzo, si dierono alla fuga e col fuggire spaventarono i vicini; e l’uno intimorendo l’altro, in un istante tutto quel grosso drappello di fanti si travolse in amarissima fuga.

Mentre già ci appressavamo all’affusto dell’abbandonato cannone, una scarica di mitraglia maestrevolmente diretta contro noi dalla vetta dell’olivoso colle, atterrò Giovambattista Cattabeni e Luigi Fabbrini.

Dopo lo scompiglio subitaneo fatto dallo spaventato drappello, i fuggenti, trattenuti dalla massa combattente, tornando più adirati al loro posto, ratti correvano a vendicarsi sui due feriti; ond’io visto il pericolo dell’inclito eroe, riuscii coll’aiuto del povero Fabbrini, pur esso ferito a trarre in salvo sino entro la barricata il mio Giovambattista.

La mitraglia avea all’uno e all’altro lacerato un braccio, per trovarsi l’uno a fianco dell’altro accostati, quando furono colpiti.

Il bisogno del soccorso, un poco per l’acerbità del dolore e molto per la perdita del sangue urgeva di più pel Maggiore; e trasportandolo sanguinante all’ambulanza, i suoi Cacciatori, alla vista del loro Comandante ferito, commossi e sconsolati gli si affollarono attorno; ed egli fissandoli con la magnanima arditezza sua, a forte voce esclamava loro — Viva l’Italia — ed essi, ripetendolo, più infervorati tornavano a combattere.