tandosi indegno di stare così presso a quello luogo santo, dov’era quella mirabile apparizione, e temendo ancora di offendere san Francesco, o di turbarlo dalla sua considerazione, se egli da lui fosse sentito, si tirò pianamente addietro, e istando da lunge, aspettava di vedere il fine; e guardando fiso, vide san Francesco stendere tre volte le mani alla fiamma; e finalmente dopo grande ispazio di tempo, e’ vide la fiamma ritornarsi in Cielo. Di che egli si muove sicuro e allegro della visione e tornavasi alla cella sua. E andandosene egli sicuramente, san Francesco lo ebbe sentito allo istropiccio de’ piedi sopra le foglie, e comandogli che lo aspettasse, e non si movesse. Allora frate Lione obbediente stette fermo e aspettollo con tanta paura, che secondo che egli poscia recitò a’ compagni, in quel punto egli avrebbe piuttosto voluto, che la terra il tranghiottisse, che aspettare san Francesco, il quale egli pensava essere contro di lui turbato; imperocchè con somma diligenza egli si guardava d’offendere la sua Paternità, acciocchè, per sua colpa, san Francesco non lo privasse della sua compagnia. Giugnendo a lui dunque san Francesco, domandolio: Chi se’ tu? e frate Lione tutto tremando rispose: Io sono frate Lione, padre mio; e san Francesco gli disse: Perchè venisti tu qua, frate pecorella? non t’ho io detto, che tu non mi vada osservando? Dimmi per santa obbedienza, se tu vedesti, o udisti nulla. Rispuose frate Lione: Padre, io t’udii parlare, e dire più volte: Chi se’ tu, o dolcissimo Iddio mio? che sono io, vermine vilissimo, e disutile servo tuo? E allora inginocchiandosi frate Lione dinanzi a san Francesco, si rende in colpa della disobbedienza, che egli avea fatto contra il suo comandamento, e chiesegli perdonanza con molte lagrime. E appresso il prega divotamente, che egli esponga quelle parole che avea udite, e dicessegli quelle, che elli non avea intese. Allora veggendo san Francesco che Dio all’umile frate Lione, per la sua semplicità e puritade, avea rivelato, ovvero conceduto d’udire e