Vai al contenuto

Pagina:I Fioretti di San Francesco, A. Cesari, 1860.djvu/236

Da Wikisource.
232 fioretti


pervengono però tutti quelli alla bocca del signore di quello arbore; perocchè molti di quelli frutti caggiono in terra, o infracidansi e guastansi, e tali ne mangiano gli animali: ma pure perseverando per infino alla stagione, la maggior parte di quelli frutti ricoglie il signore di quello arbore. Ancora disse frate Egidio: Che mi gioverebbe, s’io gustassi ben cento anni il regno del Cielo, e io non perseverassi sicchè dappoi io non avessi buono fine? Ed anche disse: Io reputo, che queste sieno due grandissime grazie e doni di Dio a chi le può acquistare in questa vita, cioè perseverare con amore nel servigio di Dio, e sempre guardarsi di non cadere in peccato.

XVI. Capitolo della vera Religione.

Dice frate Egidio parlando di se medesimo: Io vorrei innanzi un poco della grazia di Dio, essendo religioso nella religione, che non vorrei avere le molte grazie di Dio, essendo secolare e vivendo nel secolo: imperciocchè in nel secolo si sono molto più pericoli e impedimenti, e più poco rimedio, e meno aiutorio che non è nella religione. Anche disse frate Egidio: A me pare, che l’uomo peccatore più teme il suo bene, che non fa il suo danno e ’l suo male; imperocchè egli teme di entrare nella religione a fare penitenza; ma non teme d’offendere Iddio e l’anima sua rimanendo nel secolo duro e ostinato, e nello fango fastidioso delli suoi peccati, aspettando la sua ultima dannazione eternale. Un uomo secolare domandò frate Egidio, dicendo: Padre, che mi consigli tu, che io faccia? o che io entri nella religione, o che io mi stia nel secolo facendo le buone operazioni? Al quale frate Egidio rispose: Fratello mio, certa cosa è, che se alcuno uomo bisognoso sapesse un grande tesoro ascoso nel campo comune, che egli non domanderebbe consiglio ad alcuna persona, per certificarsi se sarebbe bene di cavarlo è di riporlo nella casa sua: quanto più dovrebbe l’uomo