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— E il mio dovere dove lo lasciate? Se li coglievo colla pasta in mano stanotte c’era un bel guadagno per noi, sangue di un cane!
— Se vogliono farvi credere che egli era massaro Filippo, che tentava di far entrare il suo vino di contrabbando, non ci credete, per quest’abito benedetto di Maria che ci ho sul petto, indegnamente! Tutte bugie di gente senza coscienza, che si danna l’anima a volere il male del prossimo.
— No, lo so cos’era! erano tutti fazzoletti di seta, e zucchero e caffè, più di mille lire di roba, corpo della madonna! che mi son sgusciati di mano come anguille; ma li ho sott’occhio tutti quelli della combriccola, e un’altra volta non mi scapperanno!
Piedipapera poi gli diceva: — Bevetelo un bicchierino, don Michele, che vi farà bene allo stomaco, col sonno che avete perso.
Don Michele era di cattivo umore e sbuffava.
— Giacchè vi dice di prenderlo, prendetelo, — aggiungeva Vanni Pizzuto. — Se compare Tino paga lui vuol dire che ne ha da spendere. Denari ne ha, il furbaccio! tanto che ha comprato il debito dei Malavoglia; ed ora lo pagano a bastonate.
Don Michele si lasciò tirare a ridere un po’.
— Sangue di Giuda! — esclamò Piedipapera, battendo il pugno sul banco, e fingeva di mettersi in collera davvero. — A Roma non voglio mandarlo, quel ragazzaccio di ’Ntoni, a fare penitenza!
— Bravo! — appoggiò Pizzuto. — Io non me la sarei lasciata passar liscia di certo. Eh? don Michele?
Don Michele approvò con un grugnito. — Ci pen-