Pagina:I Malavoglia.djvu/298

Da Wikisource.

— 288 —

lume e chiudeva la porta. — Ora andatevene che ho sonno; — disse la Santuzza.

— Io non ho mica sonno io! Massaro Filippo a me mi lascia dormire la notte.

— A me non me ne importa se vi lascia dormire; ma non voglio che mi prendano la multa per amor vostro, se mi trovano l’uscio aperto a quest’ora.

— Chi ve la piglia la multa? quello sbirro di don Michele? Fatelo venire qui che gliela dò io la multa! ditegli che c’è qui ’Ntoni Malavoglia, sangue della madonna!

La Santuzza intanto lo aveva preso per le spalle e lo spingeva fuori dell’uscio. — Andate a dirglielo voi stesso; e andate a cercarvi i guai fuori di qui. Io non ne voglio chiacchiere colla polizia pei vostri begli occhi.

’Ntoni, vistosi cacciare in quel modo sulla strada, nel fango, e coll’acqua che veniva giù come Dio la mandava, tirò fuori tanto di coltello, e giurava e sacramentava che voleva pungerli tutti quanti, lei e don Michele! Cinghialenta era il solo che stesse in sensi per tutti, e lo tirava pel giubbone, e gli diceva: — Lascia stare per stasera! Non lo sai quello che abbiamo da fare?

Al figlio della Locca allora gli venne una gran voglia di mettersi a piangere, al buio.

— È ubbriaco, — osservò Rocco Spatu, messo sotto la gronda. — Portatelo qui che gli farà bene.

’Ntoni, un po’ calmato dall’acqua che gli pioveva dalla gronda, si lasciò condurre da compare Cinghialenta, seguitando a sbuffare, mentre sguazzava