Spiccò l’Autunno di sua man, tesoro
Di lieti ingrassi pel vegnente aprile;
Nè tra le frondi di canoro augello 190Mai non udissi la volubil nota,
Come allorquando del tepente maggio
Molce le notti Filomena e piange.
Qui, rôso il petto dalla edace cura
E maturando la superba impresa 195Nell’inscrutabil mente, allor che il sole
Fería la selva coll’occiduo raggio
Venir soleva Belzebù, fuggendo
D’ogni altro spirto il sodalizio. E quivi
Ne venne allor che romoroso il cielo 200Festeggiava il millennio in cui le soglie
Del Paradiso, mal vietate, incesse
Lucifero e nel sen della gran Larva
La vindice confisse ardita lama
Che il tiranno del ciel spense per sempre. 205Eccheggiavan da lungi i di piropo
Portici fiammeggianti all’alte grida
Di gioia, agl’inni, alle fanfare: un vasto
Incendio di doppieri era la reggia,
Un trionfo di musiche e di danze