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Un dramma in mare 5

giò sulla tolda della disgraziata nave, perdendosi lontano lontano sul mare.

Tutti si erano gettati indietro per non venire investiti da quella vampa mostruosa, che si contorceva colle selvagge contrazioni dei serpenti e perfino gli uomini delle pompe, avevano abbandonate precipitosamente le traverse.

— Ai vostri posti — tuonò il capitano.

Il solo nostromo, un vecchio dalla barba bianca e dai lineamenti energici, si mosse per spingere le manichelle sull’orlo della stiva.

Il capitano impallidì.

Raccolse una scure dimenticata sull’argano e alzandola minacciosamente, ripetè con un tono di voce da non ammettere repliche:

— Ai vostri posti, o vi faccio sentire come pesa quest’arma!... —

L’equipaggio sapeva, per prova, che il comandante non era uomo da scherzare. Dopo una breve esitazione tornò alle pompe, mentre due o tre altri marinai, che non potevano trovare posto alle traverse, s’impadronivano dei mastelli.

La colonna di fuoco, dopo aver minacciato d’incendiare la gran gabbia, si era abbassata, rientrando a poco a poco nella stiva; ma dal boccaporto spalancato irrompevano, ad intermittenze, pesanti nuvoloni di fumo denso e nero, che una calma assoluta manteneva sopra la tolda, e nembi di scintille le quali s’alzavano lentamente, disperdendosi sui neri flutti dell’oceano.

Passato il primo istante di terrore, tutti si erano messi alacremente al lavoro, sapendo che se non riuscivano a spegnere l’incendio una morte orribile li attendeva, non essendovi ormai a bordo più nessuna scialuppa.

Le pompe funzionavano rabbiosamente senza posa, versando torrenti d’acqua nelle profondità ardenti della stiva, mentre gli uomini dei mastelli s’affannavano a vuotare i loro recipienti, avanzandosi fra il fumo e le scintille.