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118 Capitolo diciassettesimo

— Vi è un foro lassù, — disse il marinaio, indicando una apertura irregolare, grande come una moneta da cinque lire, per la quale penetrava un po’ di luce. — Andiamo a vedere se si scorge il mare. —

Si era avvicinato alla parete per salire su alcuni massi accatastati sotto quel pertugio, quando Albani lo vide arrestarsi bruscamente, poi indietreggiare vivamente, esclamando:

— Terremoti e tuoni!... Un cadavere!... —


Capitolo XVIII


Il serpente dagli occhiali


Il signor Albani, udendo quell’esclamazione, si spinse innanzi colla più viva curiosità.

Là, accanto alla parete disteso su un letto di foglie secche, giaceva infatti un cadavere interamente nudo, ma ridotto allo stato di mummia.

Era un uomo di statura bassa, membruto, col petto largo, colla faccia quasi quadra, ossuta, col naso schiacciato, la bocca larghissima che mostrava denti acuti, ma che invece di essere bianchi erano neri come quelli dei popoli che usano masticare il betel.

La sua pelle era d’un color rosso mattone, ma con delle sfumature olivastre.

Accanto a quella mummia si vedeva uno di quei pugnali lunghi un piede, colla lama serpeggiante, d’un acciaio finissimo, usati dai Malesi, i quali dànno a tali armi il nome di kriss, e una cerbottana spezzata a metà.

— Un Malese!... — esclamò il veneziano. — Che sia uno dei coloni che dissodarono parte della foresta e che piantarono il caffè?...

— Ma quest’uomo deve essere morto da molto tempo, —