Pagina:I Robinson Italiani.djvu/138

Da Wikisource.
132 Capitolo ventesimo

— Mi pare che sia una noce di cocco, se non m’inganno.

— Sì, è una noce di cocco, Enrico. Ho scoperto una cinquantina di piante.

— Ma.... signore, — disse il marinaio con aria imbarazzata. — Non so davvero perchè vi siate tanto affannato a cercare le noci di cocco. Contengono della deliziosa acqua zuccherata e una polpa che si mangia volentieri, ma nella foresta ci sono delle frutta migliori.

— T’inganni, Enrico. Dimmi, marinaio, non ti piacerebbe aver a tavola un bicchiere di buon vino bianco?...

— Certo, signore, e mi sorprende che mi domandiate se sarei contento. È un bel pezzo non bevo un po’ di succo di quel grand’uomo di Noè.

— E un piatto di cipolle condite coll’olio?...

— Terremoti di Genova!... Un piatto di cipolle all’olio!... Rinuncerei alle ciambelle!...

— E un buon bicchiere di latte?...

— Lampi!...

— E un liquore che somiglia all’acquavite?

— Tuoni!...

— E una bella rete per pescare? O delle soffici stuoie per dormire?

— Corna di cervo!...

— Ebbene, amico mio, queste noci di cocco possono darci tuttociò. —

Il marinaio guardò il signor Albani con due occhi che pareva gli volessero uscire dalle orbite.

— Scherzate? — chiese.

— No, Enrico: le piante delle noci di cocco sono preziose quanto i bambù e forse più ancora. Se hai sete, prendi una noce ancora acerba e troverai dentro dell’acqua fresca e zuccherata. Vuoi dell’olio?... Non hai che da spremere la polpa d’una noce matura, ma non bisogna lasciarlo diventare rancido, poichè allora acquista un gusto sgradevole pei palati degli europei, mentre è un pregio di più per quello dei Malesi. Se vuoi del latte, basta mescolare la polpa al-