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164 Capitolo ventiquattresimo

— Ho veduto un uccello alzarsi fra quella macchia d’alberi.

— Sarà stato un pipistrello gigante, — disse Piccolo Tonno.

— No, dal volo mi parve invece un tucano.

— Allora i nemici vengono di là, — disse Albani.

— Zitto!...

— Ho udito dei rami muoversi. —

In quell’istante il mias emise un brontolìo sonoro e fece atto di slanciarsi innanzi, ma il mozzo fu pronto a trattenerlo.

— Conducilo nella caverna, — disse Albani. — Potrebbe tradirci. —

Poi mentre Piccolo Tonno s’affrettava a obbedire, si distese al suolo per non venire scorto, tenendo la cerbottana presso le labbra. Il marinaio lo imitò.

Pareva che i nemici avanzassero seguendo le tracce del carretto, che dovevano aver rimarcato anche presso la capanna aerea. Si udivano di tratto in tratto i cespugli a stormire e lo scricchiolìo delle foglie secche, ma non si potevano ancora distinguere in causa dell’oscurità che pareva diventasse sempre più fitta, continuando ad accumularsi in cielo nuvoloni nerissimi.

— Guardate, — disse ad un tratto il marinaio.

— Vedo, — rispose Albani.

— Seguono le tracce.

— Sì, Enrico.

— E sono parecchi.

— Appena ci accorgiamo che muovono verso di noi, mira il più vicino ed io mirerò il secondo. Saranno due di meno. —

A cento passi si vedevano dei corpi neri avanzare fra le erbe e le foglie, strisciando con precauzione.

Erano dieci o dodici e tutti armati di fucili, a quanto pareva.

— Mira giusto, — mormorò Albani, accostando la cerbottana alle labbra. Vengono diritti alla caverna.

— Ho scelto il mio uomo. —

Le due frecce partirono con un sibilo lamentevole. I due pirati che strisciavano in prima fila s’alzarono di scatto,