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Gli alberi del veleno 61

lometro, quando indicò ai compagni una pianta sarmentosa coperta d’una corteccia rosso-cupa, con piccoli rami cilindrici e foglie ovali terminanti in una punta acuta e liscia d’ambo le parti, armate verso il picciuolo di spine uncinate.

— Ecco un gambir! — esclamò. — Raccogliamo queste foglie. — Stava per alzare le mani, quando si volse bruscamente.

— To’!... To’!... — esclamò. — Ecco un arbusto che raddoppierà la potenza del veleno dell’upas.

— Un’altra pianta velenosa? — chiese il marinaio.

— Sì, Enrico, e forse più terribile, poichè si dice che il succo introdotto nella circolazione del sangue ha un effetto più rapido producendo il tetano e quindi la morte. Tu raccogli le foglie del gambir, mentre io mescolo al succo dell’upas alcune gocce di questo cetting (strichnos tientè). —

Fece un’incisione nell’arbusto, che si era attortigliato attorno a una palma sontar e lasciò che l’umore lattiginoso si mescolasse con quello dell’upas, mentre i marinai facevano un’ampia provvista di foglie di gambir.

Quand’ebbero terminato lasciarono la foresta, non senza aver prima fatto raccolta di frutta di durion e di grossi aranci.

Ritornati alla capanna e rifocillatisi alla meglio con ostriche, crostacei e frutta, il signor Albani si mise al lavoro per preparare le armi.

Espose al sole il veleno perchè si condensasse, mise a bollire nella pentola le foglie di gambir dalle quali si estrae, dopo sessanta ore di cottura, quella sostanza bruno-scura, di consistenza elastica, conosciuta in commercio col nome appunto di gambir e che viene impiegata per fissare i colori, specialmente sulle stoffe di seta, ma che i bornesi e i malesi adoperano invece per far meglio aderire i succhi velenosi alle loro armi e alle frecce.

Ciò fatto fece accendere un grande fuoco e si mise ad arroventare due delle sbarre di ferro dei pennoni, scelte fra le più regolari e le meno grosse.

— Ma che cosa fate? — chiedeva insistentemente il marinaio,