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I Vicerè 385

liberali, nella speranza della soppressione dei conventi. Giovannino Radalì, che, durando la madre nel proposito di fargli pronunziare i voti, nutriva anche lui quest’unica speranza per tornare al secolo, lo aveva convertito; ma l’annunzio della soppressione somigliava alle promesse del principe: ripetute sempre, non si trovavano mai confermate dai fatti. Perciò, continuamente irritato dall’ostinazione del padre, pieno d'invidia per quei compagni che ad uno ad uno se ne tornavano in famiglia a godersi la bella libertà, egli diventava il tormento dei maestri, dei Fratelli, dei camerieri, di tutto il convento, e rifiutava anche di andare a casa, o, se vi andava, non salutava nessuno, non parlava, stava tutto il tempo della visita con tanto di muso. Ora che al palazzo non si rimoveva una seggiola senza il beneplacito della cugina, costei prestava mano forte al principe, giudicava che il ragazzo, pel momento, stava bene dov’era; gli diceva, con tono d’affetto materno, mentr’egli fremeva d’odio contro quest’altra:

— Non dubitare; verrai via a suo tempo; per ora bisogna studiare.... Vedi la mia figlioccia? Anche lei va messa in collegio....

La signorina Teresina in collegio?... Nella corte, tra la parentela, la notizia, appena risaputa, fu commentata in mille modi: «E perché?... Non sta bene in casa?... Il duca ha voluto così.... E che c’entrava il duca?... No, è stato il principe.... No, la cugina.... La principessa piange da mattina a sera....» Ciascuno diceva la sua, qualcuno soffiava che forse la decisione era stata presa perchè un giorno la signorina, entrata inavvertitamente nella Sala Rossa, aveva trovato il principe e la madrina in troppo intimo colloquio.... Ma Baldassarre, col suo tono d’autorità che troncava tutte le chiacchiere, dava la versione schietta e genuina: tutte le grandi famiglie di Palermo e di Napoli, al giorno d’oggi, stilano di mettere le signorine in collegio, nei collegi a chic, dove imparano la lingua italiana e anche la francesa: il barone Cùrcuma ci aveva messo la sua ragazza, dunque la figlia

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