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418 I Vicerè

a don Blasco; e tutti riconoscevano che Giacomo sposava Graziella unicamente perchè, da giovane, s’era messo in capo di sposarla. La madre non aveva voluto, ed egli s’era piegato, allora, alla ferrea volontà di lei; pareva anzi aver dimenticato la propria, trattando la cugina freddamente, quasi non l’avesse pensata mai, badando solo agli affari; ma appena finito di accomodarli, egli s’era messo con l’antica innamorata, e ora, dopo tanti anni, non più giovane, con due figli grandi e grossi sulle spalle, il suo primo pensiero appena libero, era quello di sposarla, vedova, invecchiata, imbruttita, pur di prendere la rivincita, pur di disfare l’opera della madre. Non l’aveva disfatta in un altro modo, eludendo le volontà che ella aveva manifestate nel testamento, spogliando i legatari e il coerede? E che restava oramai dell’opera della defunta? Raimondo non aveva anch’egli disfatto il matrimonio voluto da lei? Lucrezia che doveva restare in casa non s’era sposata?... «Strambi!... Cocciuti!... Pazzi!...» Così essi scambiavansi le stesse accuse; ma stavolta tutti erano stati d’accordo nel biasimare il principe, nel coalizzarsi contro di lui; ad eccezione del solo Priore. Gli interessi mondani, le lotte della famiglia lo lasciavano adesso molto più indifferente di prima, sul punto com’era di partire per Roma. Dopo la soppressione dei conventi tutti avevano riconosciuto, alla Curia, che il dotto e santo Cassinese doveva andare avanti in altro modo. Gli era stato offerto un vescovato, a sua scelta; ma egli, che mirava più alto, aveva chiesto di andare a Propaganda. E giusto in quei giorni, con la nomina di Vescovo in partibus, era stato chiamato alla grande Congregazione. Che gl’importava del matrimonio del fratello, del testamento della madre e di tutte le trame meschine che ordivano i suoi? A Roma egli era preceduto da una fama così chiara, da raccomandazioni tanto efficaci, che in poco tempo era sicuro di raggiungere, con la propria accortezza, i più alti gradi della gerarchia.... Come a lui, lo scioglimento delle corporazioni religiose aveva dato a don Blasco