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I Vicerè 435

s’erano spogliati del tutto, dandosi senza riguardo alla vita del secolo, come il sanculotto Padre Rocca; o quelli che, senza smetter l’abito, davano da ciarlare alla gente con la loro condotta, come Padre Agatino Renda che stava tutto il giorno in casa della vedova Roccasciano, giocando mattina e sera. Padre Gerbini se n’era andato a Parigi, dov’era stato fatto rettore della Maddalena; altri, rimasti in città, facevano la vita dei preti; ma don Blasco proponeva a tutti sè stesso come modello. Frà Carmelo, che, come dal principe, veniva spesso anche da lui, pareva non si fosse accorto del mutamento di Sua Paternità, e ripeteva con gesti disperati il suo eterno ritornello: «Me n’hanno cacciato!... Me n’hanno cacciato!...» Don Blasco gli dava qualche soldo e gli offriva da bere, confortandolo con belle parole; ma il maniaco, dopo bevuto, ragionava meno, cominciava a prendersela con gli indiavolati che avevano spogliato il convento:

— Assassini e ladri! Ladri e assassini! il più gran convento del regno!... E quegli altri ladri che si son prese le sue proprietà! All’inferno! All’inferno, scomunicati....

Una volta, delirante più del solito, si mise in ginocchio, declamando, con gran gesti di croce:

— In nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo! Vi scongiuro per parte di Dio!... Restituite il maltolto a San Nicola!... Ladri!... Schifosi!... Siete cristiani o turchi?... Pensate all’anima!... Fuoco d’inferno!...

Don Blasco, perdendo finalmente la pazienza, lo prese per una spalla e lo spinse fuori:

— Va bene, va bene, abbiamo inteso.... ma per adesso vattene, che ho da fare....

E sbattutogli l’uscio sul muso mentre sopravveniva donna Lucia:

— Comincia a rompermi la divozione, questo vecchio pazzo!... Se torna un’altra volta, buttatelo giù dalle scale, avete capito?...