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514 I Vicerè

dalla musica del reggimento: il concerto era veramente uno dei migliori, e la composizione di Teresa parve un vero pezzo d’opera, con certi cantabili affidati ad un corno inglese dolce come una voce umana, e certi effetti d’organo da far credere alla gente d’essere a San Nicola, dinanzi allo strumento di Donato del Piano. Teresa, in carrozza chiusa, sotto i platani, stava a udire, col cuore che le batteva come se volesse schiantarsi, con un nodo di pianto alla gola e pallida in viso come una rosa bianca, e poi a un tratto di porpora quando, al finire del pezzo, s’udì uno scroscio d’applausi... La musica sua, quella degli altri, i drammi, la poesia l’inebbriavano, la rapivano, la sollevavano in alto, in cielo, nell’etere azzurro, dove ella non sentiva più il suo corpo, dove aspirava e beveva, anche tra le lacrime, la pura felicità. Ma niente delle commozioni ora dolci, ora ardenti, or tristi, or soavi, or disperate, ineffabili sempre, che gonfiavano il suo cuore di gioia o lo serravano dall’angoscia, era noto al mondo. Ella non si tradiva: mentre l’anima sua era più turbata, al pensiero dell’amore, nell’attesa dell’amore, dinanzi agli uomini, ai giovani belli come il cugino Giovannino Radalì; mentre la fantasia le rappresentava con maggior evidenza il proprio avvenire, piaceri e dolori, fortune e sciagure, ella rimaneva tranquilla e composta e serena. Non le costava farsi forza, disperdere quelle fantasie per attendere alle minute o ingrate bisogne reali.

La conoscenza del maestro del reggimento, le sue lodi, l’esecuzione della musica avevano scatenato una tempesta in lei; ma quando il giovane, per divieto della principessa, non tornò più al palazzo, ella non pensò più a lui. Don Cono, incaponito nella sua idea, incoraggiato dal lieto successo, parlò un giorno all’assessore dei pubblici spettacoli, perchè desse ordine al direttore della musica cittadina di concertare anche lui le composizioni della principessina. Questo assessore degli spettacoli era Giuliano Biancavilla, figliuolo di don Antonio e della Bivona, un giovanotto sulla trentina, bruno di carnagione e nero