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I Vicerè 531

avrebbe neppur avuti gli anni di legge. Del resto gli mancavano tante altre cose, l’esperienza della vita pubblica, principalmente, e sopratutto il patriottismo. Agli occhi di Benedetto, che si struggeva da tanti anni dal desiderio d’esser mandato alla Camera, aver preso parte alle battaglie dell’indipendenza e dell’unità, aver pagato un tributo di sangue, era il massimo titolo per aspirare alle pubbliche cariche. Ora Consalvo non solo era bambino quand’egli si batteva sul Volturno, ma fino a due anni addietro non aveva nascosto a nessuno l’affezione e il rimpianto per l’antico regime. Giulente credeva che la conversione del nipote fosse in gran parte merito proprio, e ne andava naturalmente altero, e si credeva destinato a guidare ancora per lungo tempo l’erede degli Uzeda nella vita pubblica; l’attitudine ossequiente del giovanotto lo confermava in questa fiducia.

Ad aprirgli gli occhi non valse l’esito delle elezioni amministrative. Egli stesso era tra i candidati, avendo finito il suo quinquennio, e Consalvo si presentava per la prima volta; Consalvo fu eletto il secondo, subito dopo lo zio duca, sempre primo; Giulente ebbe il decimo posto... Alla prima riunione del Consiglio riconvocato, il principino venne severamente vestito d’una redingote tagliata all’inglese, con cravatta nera e cappello alto: mentre già tutti erano ai loro posti, egli s’aggirava per l’angusta sala delle riunioni, salutando i conoscenti, chiacchierando col sindaco, interrogando il segretario e volgendosi di tanto in tanto alla mezza dozzina di curiosi che stavano vicino all’uscio. Sedutosi finalmente in un angolo, per evitar vicinanze, cominciò a sfogliare, con mani inguantate, il volume del bilancio e a prendere appunti, facendo correre l’usciere per spedir biglietti a destra e a manca, come aveva visto che usava a Montecitorio. Appena si presentò l’occasione di parlare, l’acchiappò a volo. Trattavasi dell’inaffiamento stradale che facevano con un metodo troppo primitivo: egli chiese di parlare e spiegò quello che aveva visto all’estero. Raccomandò il sistema di Londra e suggerì al sindaco