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76 I Vicerè

dava i legittimarii fingendo assegnar loro una quota superiore alla legale, dando loro in realtà «quattro grani!» Chiara, specialmente, era spogliata «come in un bosco» giacchè il testamento non diceva parola del legato del canonico Risà. Questo era un altro pasticcio combinato tempo addietro da donna Teresa. Tra gli altri argomenti per vincere la resistenza di Chiara e indurla al matrimonio col marchese, ella aveva ricorso a quello dei quattrini e, per non sciogliere i cordoni della propria borsa, tirato in ballo un suo zio, il canonico Risà di Caltagirone, il quale prometteva un legato di cinquemila onze a favore della pronipote quando la ragazza avrebbe sposato il marchese di Villardita. Nell’atto era intervenuta donna Teresa per garantire l’assegno, a condizione che la somma si trovasse realmente nel patrimonio del canonico, il quale prometteva di lasciare ogni cosa a lei. Invece, due anni avanti il canonico era morto, dividendo la roba tra una sua perpetua e la principessa, e costei s’era allora rifiutata di riconoscere il patto stabilito: nè il marchese, per rispetto, per disinteresse, aveva pensato di chiederne l’esecuzione. Don Blasco, adesso, poichè neppure nel testamento la cognata s’era rammentata di quel suo obbligo, poichè ella aveva combinato «con arte infernale» anche l’altra gherminella delle quattro mila onze che Chiara non aveva avuto e che doveva intanto conferire come se le avesse prese, andava tutti i giorni dal marchese per istigarlo contro la morta e gli eredi, incitandolo a reclamare: 1° la divisione legale; 2° l’assegno matrimoniale con tutti gl’interessi arretrati; 3° la parte che veniva a Chiara dal padre; 4° il legato del canonico; dimostrandogli in quattro e quattr’otto che non le dieci mila onze assegnate nel testamento, ma tre volte tante glie ne venivano, per lo meno. Il marchese, pure ascoltandolo, chinando il capo a tutto quel che diceva il monaco, perchè con quel Benedettino benedetto la discussione era impossibile, esprimeva alla moglie il desiderio di non dar l’esempio di una lite in famiglia, d’aspettare quel che avrebbero fatto